Con l'obiettivo di realizzare un romanzo interattivo su un mondo post-apocalittico tanto bello quanto dannato, Days Gone è uno degli esempi più soldi di ciò che si intende per "open world narrativo". Il propellente principale dell'opera dello studio Sony Bend è infatti la volontà di strutturare una trama sorprendentemente sfaccettata, capace di prendersi i suoi tempi, di dettare i propri ritmi con un grandissimo piglio autoriale. Nonostante l'indubbio fascino esercitato dalla costruzione dell'ambiente e della sceneggiatura, su Days Gone di tanto in tanto cala l'ombra di ambizioni forse troppo elevate, che ingolfano il motore del gameplay e quello del racconto, proponendo un andamento non sempre ben bilanciato. Eppure, anche se in alcuni tratti del tragitto questo survival game resta senza benzina, vale comunque la pena salire di nuovo in sella alla propria moto, riempire i serbatoi, armarsi di pazienza e portare a termine un bellissimo viaggio lungo la strada morta.
È molto facile perdere la cognizione del tempo nell'Oregon dominato dai Furiosi. Le giornate si susseguono sempre allo stesso modo, tra una razzia, un assalto al campo di predoni, una caccia al cervo o una fuga da orde di abomini urlanti.
La quotidianità è scandita perlopiù dalle routine degli infetti, che modificano le loro azioni a seconda dell'ora del giorno ed in base al clima della regione in cui hanno nidificato. Ma per Deacon St. John è diverso: ogni singolo istante lontano da sua moglie Sarah è un macigno dal quale ancora non riesce a liberarsi, sebbene siano trascorsi due anni dall'inizio dell'epidemia che ha sradicato le fondamenta della società. L'ultima volta che l'ha vista, era su un elicottero della sospetta organizzazione NERO (National Emergency Responce Organization), ferita e con le lacrime agli occhi, pronta a partire per un rifugio dove forse avrebbe potuto salvarsi. Deacon, però, non è salito a bordo con lei: la sua appartenenza alla cultura dei bikers gli ha imposto infatti di rimanere accanto al "fratello" Boozer, per aiutarlo a vender cara la pelle in una città in fiamme. Quel che ne è stato di Sarah resta un mistero, e le probabilità che sia morta sono molto elevate. Tuttavia, Deacon non vuole darsi per vinto, e mentre cerca di raccattare qualche credito mozzando le orecchie dei furiosi, continua a seguire le tracce dell'amata, con la speranza - forse vana - di poterla riabbracciare. Intorno a questo assunto di partenza si erge un ecosistema narrativo incredibilmente ramificato, che molto presto finisce col rubare i riflettori all'obiettivo primario di Deacon.
Rimuovendo interamente le scelte morali, Days Gone vuole prima di tutto narrare la storia del suo universo e dei protagonisti che lo abitano. Si prodiga così nel tratteggiare, con una precisione ed un approfondimento degni di un romanzo, un insieme di personaggi caratterizzati a meraviglia, ciascuno con una propria vicenda personale.
In sostanza, Sony Bend abbraccia a grandi linee il concept già espresso - pur con risultati differenti - da Red Dead Redemption 2: sceglie quindi di architettare un open world dove la trama è l'elemento fondante, ed in cui ogni sortita al di là delle mura si piega alle esigenze della narrazione. Sono gli sviluppatori a scandire il ritmo dell'avventura, a decidere quando accelerare e quando dilatare i tempi, a focalizzarsi su scampoli di umanità apparentemente insignificanti, ma che nella visione complessiva rappresentano invece un tassello molto importante del disegno di Days Gone.
L'opera di Sony Bend Studio orchestra una vicenda puntiforme, fatta di tanti piccoli protagonisti in grado di dipingere la nuova società post-apocalittica. La vastità della sceneggiatura di Days Gone ci conduce in un'altalena fatta di salite vertiginose e ripide discese: l'intero viaggio di Deacon vi chiederà non meno di quaranta ore, non tutte purtroppo dotate della stessa omogeneità qualitativa.
Se i primi frangenti sono di rodaggio, utili ad avere una panoramica generale dell'indole del nostro biker, di Boozer e degli altri sopravvissuti con cui collaborano, nelle fasi più avanzate d'improvviso la storia impenna alla grande, introducendo comprimari e sequenze dall'altissima carica emotiva. Ci sono scene in Days Gone che mescolano una struggente quotidianità con rantoli di ferocia e malinconia, alternandoli in una girandola di emozioni davvero travolgente.
Deacon, su tutti, è un antieroe di inaspettata intensità: un superstite nel vero senso del termine, crudele all'occorrenza, misericordioso se necessario, e mosso da un peculiare codice d'onore, non sempre supportato da un doppiaggio in italiano adeguatamente in parte. Quando Sony Bend si concentra sul suo protagonista e sul mondo che lo circonda, Days Gone si mostra dunque al massimo del suo potenziale. Sfortunatamente, la via da percorrere è costellata di qualche buca nella quale il racconto finisce per inciampare: ad un certo punto della progressione, il gioco conosce un punto di svolta che forse arriva troppo tardi. Ed ecco che il team inizia a premere sull'acceleratore, ad affrettare i tempi, a prendere una piega meno coerente con quanto sceneggiato in precedenza. Benché risulti comunque affascinante nel suo insieme, l'ultimo quarto di Days Gone non si è dimostrato incisivo come avremmo voluto. Osservando il quadro generale, al termine dei titoli di coda, prende forma un prodotto che avrebbe insomma meritato un maggiore equilibrio in termini di ritmo narrativo.
Quello che colpisce più di ogni altro aspetto, in ogni caso, è l'eccellente coesione che accomuna ogni missione del gioco: più che una singola main quest, in Days Gone ci sono tante storie che si intersecano ottimamente tra di loro, in modo tale che quasi nessun incarico sembri del tutto slegato dal contesto ed inserito come semplice riempitivo.
Sebbene ci siano delle attività palesemente secondarie, si tratta di una minoranza connessa soprattutto all'endgame. Prima di raggiungere la fine, dunque, vivrete numerosi racconti che incorniciano il ritratto di una terra impervia ed incantevole.
Quando l'occhio non si sofferma sui cadaveri sbranati dalle bestie o smembrati dai Furiosi, sulle scie di sangue che pennellano l'asfalto o sulle montagne di rifiuti che affollano le vie, l'Oregon offre uno spettacolo mozzafiato. Il nodo di strade dissestate taglia le foreste, e si dirama lungo le distese verdeggianti fino a creare una piacevolissima commistione tra l'urbano ed il naturalistico.
Sfruttando a dovere l'Unreal Engine, Bend Studio ha modellato un open world dettagliatissimo, denso di elementi a schermo e ben differenziato in ognuna delle sei regioni che lo compongono. La mappa presenta poi un'estensione tale da risultare quasi spaventosa, molto ardua da esplorare nella sua interezza a causa delle ovvie limitazioni in fase di spostamento con la moto.
Quello che prende forma è un impatto visivo prepotente, che mette in mostra i muscoli soprattutto nella definizione di Deacon, dei suoi abiti e del suo modello poligonale. Meno complessi invece i tratti dei comprimari, con alcune fattezze che tendono a ripetersi ad oltranza nei vari superstiti in cui ci imbatteremo.
Se sul versante del design il team ha svolto un lavoro encomiabile, lo stesso non si può dire per l'ottimizzazione generale del codice: Days Gone è sì un prodotto immenso, la cui grandezza si estende a perdita d'occhio, ma è anche minato da alcune imperfezioni che indeboliscono la resa visiva. In particolare si nota un uso invasivo del pop-up, senza contare la pletora di glitch grafici e di rallentamenti che diminuiscono il gusto dell'esplorazione. Le ultime patch migliorano la situazione ma sono ancora lontane dal risolverla del tutto, ed è davvero un peccato che la portata di un simile open world non sia stata sorretta da un lavoro di polishing più massiccio. Soprassedendo dinanzi ad alcuni difetti più o meno gravi, si riscopre però la bellezza di un mondo in continuo mutamento, sferzato dalle piogge ed accarezzato dalla neve.
Il meteo dinamico è una delle migliori conquiste di Days Gone, in grado di cambiare il paesaggio intorno a noi sul piano estetico e su quello ludico. Fermarsi ad ammirare un temporale che trasforma il terriccio in fango, o dei fiocchi imbiancare le foreste è un'esperienza estasiante, resa ancora più appariscente dal fatto che il gameplay subisce avvertibili conseguenze, legate sia alle reazioni dei furiosi sia alla gestione della motocicletta.
Non crediate di potervi avventurare senza colpo ferire tra le lande dell'Oregon in sella al vostro bolide su due ruote. Esattamente al pari della narrativa, anche l'esplorazione è dettata dai ritmi imposti da Sony Bend, e prevede una gestione molto oculata delle proprie spedizioni oltre i cancelli degli accampamenti. L'obbligo di tenere sotto controllo le scorte di carburante e l'integrità del motore riduce volutamente la libera esplorazione, rendendo ciascun viaggio una vera avventura.
Dal momento che si tratta del nostro unico mezzo di trasporto, la moto è la nostra migliore compagna: sulle prime, ci troveremo a cavalcare un rottame di poco conto, lento e sgangherato, difficile da manovrare e pesante da gestire. È questo un limite chiaramente imposto dal team, il quale chiede all'utente di immedesimarsi appieno nelle condizioni precarie di Deacon St. John. Ecco perché all'inizio procederemo con estrema lentezza, maledicendo l'instabilità della motocicletta, fermandoci ad ogni stazione di servizio per rifornirci di carburante, raccogliendo rottami per riparare i danni e cercando la strada meno lunga per arrivare alla meta.
Un sacrificio che lo studio impone al giocatore allo scopo di massimizzare il coinvolgimento, anche a costo di sacrificare il divertimento immediato. Entrando nell'ottica della produzione però ci renderemo conto di come la scelta di Sony Bend sia stata tanto coraggiosa quanto riuscita: in questo modo, avvertiamo sulla nostra pelle i pericoli che serpeggiano tra le strade di Days Gone, costantemente assaliti da un'ansia che valorizza l'anima survival dell'opera.
Impareremo così a dosare il gas, a lasciare l'acceleratore in discesa per ridurre il consumo di benzina, ad allontanarci dai sentieri ciottolosi per non danneggiare l'intelaiatura: in sostanza, ci trasformeremo in veri biker, conoscitori del nostro mezzo e del percorso che imboccheremo. Superate le prime avversità, quando cominceremo a racimolare sufficienti crediti, giungerà poi il momento di migliorare le prestazioni della belva a motore, aggiungendo il NOS, incrementando la resistenza, ingigantendo il serbatoio, e personalizzando la moto nel minimo dettaglio, dai fari alle livree.
Di pari passo con gli upgrade anche la guidabilità ne trarrà ovvio beneficio, a tutto vantaggio di un'esplorazione meno ansiogena. Sebbene le preoccupazioni non cesseranno di esistere neppure per un secondo, maneggiare con più cura il mezzo, controllare al meglio le derapate e viaggiare con un carico di carburante più sostanzioso assume il sapore di una conquista ottenuta a suon di sudore e fatica.
Anche quando saremo armati di tutto punto, a cavalcioni su un cavallo di ferro dal nitrito rombante, sarà opportuno aguzzare la vista in ogni istante: del resto, in modo del tutto casuale, potremo essere preda di imboscate, tentativi di furti, ed aggressioni in piena regola da parte di banditi e infetti, sempre affamati delle nostre risorse e delle nostre carni.
In Days Gone è l'Oregon il nostro primo nemico, ma non è il solo: a popolarlo ci sono infatti sia i predoni, semplici banditi dediti a razzie di ogni genere, sia Ripugnanti, una setta di invasati che professa il culto degli Infetti, amanti della sofferenza, inclini all'autolesionismo e con una spiccata propensione alle punizioni corporali.
Gli uomini non sono però gli unici mostri: a far piombare il mondo nel caos sono stati i Furiosi, creature dall'indole fortemente aggressiva, bestie velocissime, fameliche e quasi inarrestabili, sensibili alla luce ma attratte da ogni minima fonte di rumore. Potremo liberarci delle minacce sia accucciandoci tra l'erba alta e colpendole di soppiatto alle spalle, sia brandendo le nostre armi improvvisate e versando fiumi di piombo. Lo stealth è ridotto ai minimi termini, ma fa il suo dovere: la pianificazione tattica, prima di intrufolarsi in qualche avamposto, risulta alquanto basilare, e prevede semplicemente una breve ricognizione con il binocolo per marchiare i bersagli presenti nell'area. Dopo qualche uccisione silenziosa, il più delle volte capiterà di cimentarsi nello scontro diretto, ora imbracciando armi corpo a corpo, ora sparando dalla distanza con fucili di fortuna. Coerentemente con la crescita narrativa, sulle prime anche gli strumenti di morte a disposizione saranno di qualità discutibile, ed i nostri talenti nell'utilizzarli si riveleranno estremamente limitati. Questo si traduce in una mira meno efficace, in una balistica più approssimativa, ed in una precisione poco rifinita: in breve, gli scontri a fuoco saranno più grossolani e rudimentali, nei quali predominerà un senso di pesantezza ed uno scarso feedback dei colpi.
Quando proseguiremo nell'avventura, otterremo ovviamente alcuni punti esperienza da consumare in un albero dei talenti composto da tre rami: combattimento in mischia, a distanza e sopravvivenza. Così facendo centreremo il target con più accuratezza, velocizzeremo i tempi di ricarica e stabilizzeremo la mira, complici anche nuove bocche da fuoco che sbloccheremo nel corso della progressione.
Quando otterremo un equipaggiamento più dignitoso, le sparatorie conosceranno un sensibile miglioramento: proprio come per la storia e per il controllo della moto, anche lo shooting obbedisce ad una crescita piuttosto lenta, in linea con l'evoluzione di Deacon.
Days Gone richiede pazienza, una predisposizione d'animo a lasciarsi guidare lungo uno sviluppo cadenzato e flemmatico, che dà i suoi frutti sulla lunga distanza ma che nelle prime ore appesantisce l'avanzamento. Con buona parte delle skill ottenute e con un arsenale più soddisfacente, le fasi shooter avranno una marcia in più, eppure resteranno comunque un po' grezze, per colpa di hitbox non sempre ben calcolate e di un'intelligenza artificiale umana ai minimi storici.
Più adrenaliniche saranno invece le battaglie contro i Furiosi, belve dalle variegate tipologie, che attaccano a testa bassa ma si difendono con una sorprendente reattività, tentando anche di schivare i proiettili in arrivo nel caso in cui perdessimo molto tempo nel prendere la mira. Per fronteggiarli a dovere sarà meglio dar fondo a tutte le riserve in dotazione: scrutando ogni anfratto dell'ambientazione, ci toccherà arraffare bende, travi, munizioni, cherosene e quant'altro, per costruire mazze chiodate che si consumano con l'uso e medikit curativi, molotov e trappole, attraverso un menù a raggiera non sempre comodissimo da utilizzare. Poco pericolosi se presi singolarmente, i Furiosi sono assolutamente letali quando ci assaltano in gruppo: dinanzi alla loro avanzata, potremo darci alla fuga in moto, oppure giocare d'astuzia e trarre il massimo vantaggio dai mezzi nel nostro inventario. È in queste fasi che il gamplay di Days Gone gioca le sue carte migliori, suggerendo all'utente di valorizzare le proprie risorse secondo i metodi più creativi possibili, riducendo al minimo lo spreco di proiettili o di materie prime. Nulla di troppo distante da quanto proposto da altri survival game, ma l'open world di Sony Bend ha dalla sua un paio di assi nella manica da non sottovalutare: il primo è rappresentato dal "campo di battaglia", ossia l'Oregon stesso che - come abbiamo già sottolineato - possiede una personalità distintiva, tale da renderlo al contempo palcoscenico e co-protagonista dell'azione; mentre il secondo è prevedibilmente incarnato dalle ormai iconiche Orde che hanno accompagnato il gioco sin dalle sue prime apparizioni.
Nell'istante esatto in cui incontrerete la vostra prima orda, un brivido di terrore misto ad esaltazione vi correrà lungo la schiena. Masnade di bestie urlanti si ammassano in un unico punto, creando uno sciame che inonda la visuale senza darci tregua.
La loro vera minaccia non si paleserà nell'immediato, ed anzi dovranno passare alcune ore prima di poterle affrontare al pieno delle forze: ma quando giungerà il momento, Days Gone esploderà in tutta la sua carica dirompente, inserendo addirittura meccaniche di gameplay completamente inedite. Alcune orde, d'altronde, potranno essere arginate ricorrendo all'ambientazione: ad esempio, avremo l'opportunità, a seconda del luogo in cui sono radunate, di barricare gli ingressi, chiudere le serrande o travolgerle con le travi.
Dovremo pertanto studiare la zona dello scontro, valutare le vie di fuga, scovare i barili esplosivi, memorizzare i passaggi più stretti in cui non possono seguirci velocemente, e poi scaricargli addosso ogni tipo di arma a portata di mano. Nella mappa ci aspettano decine di orde, e solo alcune di esse sono obbligatorie da abbattere ai fini narrativi, mentre il resto è lasciato alle volontà di completismo dei giocatori.
Non tutti gli sciami garantiranno il medesimo grado di difficoltà, ed anzi alcuni gruppi appaiono decisamente meno nutriti di altri. Ciò non toglie che anche il raduno più contenuto saprà darci del filo da torcere se approcciato con superficialità. Ogni sforzo avrà comunque la sua ricompensa: vedere enormi montagne di corpi prender fuoco dinanzi ai nostri occhi è infatti la massima soddisfazione che Days Gone sarà in grado di offrire ai suoi sopravvissuti.